Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/173

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tire rarwotio malato. Che se ti fosse toccata’ Hi nascere in contrada infetta di peste, vor-' resti tu vivervi, inquieto* sempre dell^avve-' nire, o non piuttosto ne andresti lontano per non mai più ritornarvi? ma troppo è* vero che gli uomini , e temo forte che anche di te* cosi sia, assai più che Vanima curano i beni del corpo. ’ , Pi1 — Pensi ciascuna al’ suo meglio ; in> qiianto a me dirotti in particolare, che, ove^ nel luogo di mia dimora mi si fosse appiccata addosso alcuna malattia, mer ne* sarei andato altronde a cercar salute; E d’uguali modo pure si vorrebbe adoperare coi mali dello spirito; ma, eia quanto scorgo, questa seconda cosa è alquanto più malagevole dellcfc prima. * > A. — Che tu tortamente là pensi m que- * sto proposito, lo si prova' dalFaiitorità di grandi filosofi, i quali affermano, potersi curare qualsivoglia malattia dell’animo, purché l'infermo non vi contrasti; quando pep contrario tra i morbi del corpo, ve n' ha molti, cui Parte non vale a recar giovamento. Ma, per non dilungarmi troppo da! nostro tema, ti riconfermo, che é duopo> disporre il cuore a lasciare ogni cosa diletta, senza volgersi dietro od arrestarsi a guardarla; e questa è l’unica guisa di peregrinazione* che sia sicr.ra ad un amante. Ed a. tt r a salvar l’anima , convieo fare altrettanto^