Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/39

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con affettuoso sguardo, paternamente abbracciommi. Allora la verità, fattasi scorta a’ nostri passi, ne trasse in luogo alquanto più appartato; ove postisi tutti e tre a sedere, ella rimosso ogni testimonio, tacendo portava sentenza dei nostri discorsi; i quali d’un argomento nell’altro, si protrassero sino al terzo giorno. E sebbene ne fossero soggetto i costumi del secol nostro, e le colpe comuni a tutti i mortali; da parere piuttosto un rimprovero rivolto al genere umano che a me in particolare, tuttavia ciò che a me toccava più davvicino, altamente mi rimase scolpito nella memoria. Ed acciocchè, collo scorrer degli anni, io non ne smarrisca la ricordanza, penso di affidare allo scritto quanto fu in quelle ore discorso; nel che fare, non intendo io già di aggiungere queste alle altre opere mie, perchè me ne torni gloria, di cui più non mi cale adesso che ad altre cose ho rivolto la mira, ma sì a richiamarmi la dolcezza di que’ colloquii, ove mi avvenga di rileggere lo scritto. Perciò tu o mio libretto, sfuggendo all’umano consorzio, te ne rimarrai contento alla compagnia di me solo, non immemore del proprio nome; chè verrai detto, e tal sei di fatto il mio segreto: ed in te, quando l’animo occupato sarà rivolto a più dure fatiche, verrò a cercare quello che celatamente si fu parlato tra noi.