Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/55

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ci; la tua incertezza d'allora rassomiglia alle procelle da cui mi sento agitato; ond’é che quando tra la speranza e la commozione, la quale è sì grande da spremermi sino le lagrime, io mi reco in mano i libri delle tue Confessioni, m’è avviso di leggere, non l’altrui storia, ma quella de’ miei traviamenti. Ma or via procedi come meglio ti aggrada; che io già, deposta ogni voglia di contesa, ho fermo di non contrariarti.

A. — Non è questo ch’io ti richieda; perchè, siccome, al dir d’un filosofo, il troppo altercare è cagione che si smarrisca la verità, così una modesta discussione mena dritto a trovarla. Adunque nè conviensi assentir ciecamente ad ogni proposito; il che è indizio di tardo e pigro ingegno; nè, a modo di litiganti, opporsi al vero con ostinate cavillazioni.

P. — M’è chiara la tua mente, e non ho che a lodartene. Ora mi farò senno del tuo consiglio, purchè non t'arresti più oltre.

A. — E non vorrai tu piegarti alla forza del vero? non confessare che, procedendo per gradi, la perfetta cognizione della propria miseria partorisce il compiuto desiderio di rilevarsene? sempre però che il desiderio assecondi la potenza.

P. — Già mi sono acconcio a credere tutto ciò che dici.

A. — M’accorgo però che hai a significar-