Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/63

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petuta così di sovente nelle scuole, non pure dovrebbe affaticare le orecchie degli uditori, ma sì anche le stesse colonne degli edifizii. Ma la ciarliera indole dei dialettici non avrà mai fine; e mentre abbonda in larga vena di siffatte definizioni, non altro. fa che fornire materia ad immortali litigi, dai quali non si giunge mai ad apprender quel vero, cui ignorano anch’essi. Pertanto se tu richiedi ad una pecora di cotal gregge, non dico la definizione dell’uomo, ma di qualsiasi altra cosa, non istarà in forse di darti una pronta risposta; ma se più innoltri, ammutisce; oppure se l’insistere nelle domande gli porrà in bocca audaci parole, certo i costumi di lui che ti favella ti chiariranno com’egli non conosca veramente ciò che definisce. E contra codesta singolar genia di ventosa e caparbia gente, sta bene prorompere cosi; a che fruttano codeste vostre fatiche, o sciagurati? perchè tra tanti lacci accalappiate l’ingegno? e dimentichi delle cose, invecchiate tra le parole? Già vi biancheggiano le chiome e vi si corruga la fronte, prima che cessiate da tante puerili ciance. Ed oh che una tale insania danneggiasse almeno voi soli! ma troppo spesso le nobilissime menti della gioventù ne sono corrotte.

A. — T’assento anch’io che non v’hanno parole, per quanto si voglia tremende, che