Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/99

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natura. Quanto possedevi, ti venia sufficiente alle necessità della vita, se tu fossi bastato a te stesso; nè della indigenza che soffri hai da accagionare altri che te. Che poi l'accumulare delle ricchezze accresca ognor più i pensieri e i bisogni, è cosa dimostrata già tante volte, che torna inutile il ragionarne più a lungo. Maraviglioso errore e compassionevole cecità, che l'animo umano, di sì eccellenti tempere, e d'origine divina, posti in non cale i celestiali tesori, folleggi dietro i terreni! A queste cose, io ti prego, con intento animo, ripensa; e dischiudi gli occhi della mente così, che lo splendore dell'oro non t'abbarbagli. E quando l'avarizia, ghermendoti delle ferree sue unghie, t’abbia tolto ai pensieri del cielo, per abbassarti alle cure di questa terra; forse che non ti parrà di precipitare della sublime altezza delle sfere, nel profondo delle più cupe voragini?

P. — Non posso negarlo, e mal giunge la lingua a significare quanto dalla ruinosa caduta n’abbia rotte le membra.

A. — Or perchè l’esperienza non t'insegnò a sfuggire il pericolo? e se una volta ti sia dato risorgere, a che non vorrai tu stampare d’orme sicure il retto sentiero?

P. — Io mi vi adopero sì; ma poichè troppo m'è duro usar violenza alla mia fragile natura, a malincuore me ne diparto. Nè senza