Pagina:Petrarca - Le cose volgari, Aldo, 1501.djvu/11

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V
Oi; ch’ascoltate in rime sparse il suono

Di quei sospiri, ond’io nudriva il core
In sul mio primo giovenile errore,
Quand’era in parte altr’uom da quel, ch’i sono;
Del vario stile, in ch’io piango et ragiono
     Fra le vane speranze e ’l van dolore;
     Ove sia, chi per prova intenda amore,
     Spero trovar pieta, non che perdono.
Ma ben veggi’hor, si come al popol tutto
     Favola fui gran tempo: onde sovente
     Di me medesmo meco mi vergogno:
Et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
     E ’l pentirsi, e ’l conoscer chiaramente
     Che quanto piace al mondo è breve sogno.


Per far una leggiadra sua vendetta,
     Et punir in un di ben mille offese,
     Celatamente amor l’arco riprese,
     Com’huom, ch’a nocer luogo et tempo aspetta.
Era la mia virtute al cor ristretta;
     Per far ivi et ne gliocchi sue difese,
     Quando ’l colpo mortal la giu discese,
     Ove solea spuntarsi ogni saetta.
Pero turbata nel primiero asalto
     Non ebbe tanto ne vigor ne spatio,
     Che potesse al bisogno prender larme;
O vero al poggio faticoso et alto
     Ritrarmi accortamente da lo stratio;
     Del qual hoggi vorrebbe, et non po aitarme.


a ii