Pagina:Petrarca - Le cose volgari, Aldo, 1501.djvu/26

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La penna di buon voler non po gir presso:
     Onde più cose ne la mente scritte
     Vo trappassando; et sol d’alcune parlo,
     Che meraviglia fanno a chi l’ascolta.
     Morte mi s’era intorno al core avolta;
     Ne tacendo potea di sua man trarlo,
     O dar soccorso a le virtuti afflitte:
     Le vive voci m’erano interditte:
     Ond’io cridai con charta et con inchiostro,
     Non son mio, no: s’io moro; il danno è vostro.
Ben mi credea dinanzi a gliocchi suoi
     D’indegno far così di merce degno:
     Et questa spene m’havea fatto ardito.
     Ma talhor humilta spegne disdegno;
     Talhor l’enfiamma: et ciò sepp’io dapoi
     Lunga stagion di tenebre vestito:
     Ch’a quei preghi il mio lume era sparito:
     Ed io non ritrovando intorno intorno
     Ombra di lei, ne pur de suoi piedi orma;
     Com’huom, che tra via dorma;
     Gittaimi stanco sopra l’herba un giorno.
     Ivi accusando il fuggitivo raggio
     A le lagrime triste allargai’l freno;
     Et lasciaile cader, come a lor parve:
     Ne giamai neve sott’al sol disparve;
     Com’io senti me tutto venir meno,
     Et farmi una fontana a pie d’un faggio.
     Gran tempo humido tenni quel viaggio.
     Chi udi mai d’huom vero nascer fonte?