Pagina:Petruccelli - I moribondi.djvu/180

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appena all’Assemblea. La prima volta Garibaldi ve lo portò nelle pieghe del suo plaid, al momento della prima sua entrata. Zuppetta non pronunziò che una sola parola, una parola sorda, scura, una specie di ghigno satanico: io giuro! Egli restò sulla montagna durante tutta la tempesta che il discorso di Garibaldi scatenò, restò freddo, la beffa sulle labbra sardoniche, le scintille ed il sangue negli occhi. Poi disparve. Quella testa moresca, ai denti bianchi ed aguzzi, agli occhi elettrici, alla chioma lunga e nera che io vidi mangiare i mustacchi per tre ore, mi turbava ancora. Zuppetta ricomparve. Annunciato come un fulmine, scoppiò come un zolfanello. Si aspettava ognuno, sulle miserrime condizioni di Napoli, udire un tribuno terribile: scappò fuori un retore leccato, artificioso, cavilloso, puerile, pedante, freddo. Zuppetta morì. Che cambi parte. Il tribuno non va più.

Questo gruppo di garibaldini è di già per sè stesso incisamente pronunziato su i banchi della sinistra. Ma esso lo sembra di tanto più a causa degli indecisi che lo attorniano. In quest’ultima categoria io collocherò Liborio Romano — il quale, arrivando, si assise al centro, poscia emigrò verso la sinistra. Io non so ciò che vuole Liborio Romano, chi è desso, ove tende, s’egli vezzeggi l’unità italiana o l’autonomia napoletana. Egli ha parlato due o tre volte pro domo sua, per l’esercito borbonico, per il Ministero, per giustificare gli atti del suo passaggio al potere. Egli matura dei progetti di legge che probabilmente resteranno