Pagina:Petruccelli - I moribondi.djvu/19

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Il signor curato mi domanda una sovvenzione per il campanile del suo villaggio, il quale non gli pare così compito come quello della Cattedrale di Milano.

Il signor mio compare mi prega di sollecitare appo i ministri certe petizioni che e’ si dette la pena d’indirizzar loro. Il mio compare fu ritenuto per ventiquattro ore al corpo di guardia, nel 1848, e da quinci in poi egli si reputa furiosamente martire. E come egli ha ogni specie di capacità, così domanda a questo ministro una carica di presidente della Corte di Cassazione, a quello un posto di consigliere di Stato, a Ricasoli di esser prefetto, a Bastogi di essere direttore, a De Sanctis infine, non volendo gran che onorare così piccolo ministro, chiede una cattedra per insegnare il dialetto del suo villaggio, cui egli crede una lingua primitiva. Io rispondo al mio compare che le sue domande sono tutte modestissime e perfettamente scusate, ma che non ci sono posti per il momento. Il compare replica che io non ho nè mente nè cuore, che quanto a me sono soddisfatto e non mi curo più dei martiri.

E poi le lettere anonime che c’insultano a grossi fiotti: le lettere che ci danno consigli: le lettere che ci minacciano. Ma non ve n’è una la quale infine non c’incarichi di domandare qualche cosa o di fare qualche istanza presso dei ministri! Il deputato è il domestico naturale — la serva ad ogni occorrenza dei suoi elettori!

Ma come fra tante avidità vi è sempre qualche lamento ragionevole, dei torti a far riparare —