Pagina:Petruccelli - I moribondi.djvu/24

Da Wikisource.

— 20 —

muovami. Mi si prega di restare immobile; e, di botto un grande occhio nero e lucido si divarica dinanzi a me, che divora la mia persona. Quell’occhio fascinatore, vampiro, mi dà il brivido — io resto come preso. Tutto ad un tratto, una testa sbuca fuori di sotto di un panno verde, all’altra estremità dell’occhio ironico che mi aveva fissato per due minuti, e quella testa soddisfatta sclama:

— L’è fatto! grazie, signore..

Io respiro. Io mi sento sollevato da una inquietitudine, ed a passo frettoloso me ne torno alla Camera. Qualche giorno dopo, io discerno nelle mostre di un cartaio qualche cosa, cui l'etichetta scritta di sotto assicura di essere io. In quella cosa io non ho occhi, la mia bocca smorfia di traverso, non si distingue il mio naso dalle mie orecchie.... non importa! il venditore della mia laidissima figura giura che l’è proprio la mia.

— Corbezzoli! che volete voi dunque per un ritratto gratuito, alla fine? grida mia moglie.

— L’è giusto, signora, replica il mio vicino. La vanità o la bonomia consigliano talvolta delle ben grosse scioperaggini! La seduta comincia. Il mio sarto mi ferma nell’anticamera per domandarmi un biglietto per la tribuna dei diplomatici: quegli per chiedermi conto della salute del Ministero e del Governo: questi per assicurarmi che fa caldo o freddo. Poi chi si raccomanda per essere raccomandato al ministro, ed ha percorse trecento leghe per ciò. Altri mi propongono una sottoscrizione per un’opera pia, il sollievo delle