Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/138

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zionale nella sua capitale e nei suoi rappresentanti: la sovranità nazionale gli ritirava il mandato e lo dichiarava decaduto. Ricciardi, preceduto da bella fama, giunse in Cosenza. Egli, Morelli, Stocco ed Eugenio de Riso avevano avviate le cose di Catanzaro, dove erasi alla perfine, dopo un comizio di popolo tenuto nella cattedrale, creato un Comitato, o Governo provvisorio cui il barone Marsico presiedeva, ed in cui erasi pure lasciato un tal Giovanni Maringola affiliato di polizia che con Gregorio Ferrara capitanavano la reazione. La voce se ne sparse in Cosenza, i cittadini più determinati recaronsi a Ricciardi, e tutti insieme al palazzo dell’intendenza dove il papaverico Comitato si adunava incontanente. Il Ricciardi, secondato da Mauro e Musolino, ragionò dello spirito pubblico di Catanzaro e Reggio; parlò dell’imminenza, della giustizia, della necessità della rivolta. L’uditorio fu compreso da subita fiamma, le speranze ridestaronsi, il cuore crebbe, la vita ricircolò. Poscia il Ricciardi si faceva ai balconi della sala ed aringava l’immenso popolo, che concitato ed avido di novelle quivi era accorso. La rivoluzione era consumata. Una voce sola era partita da quella massa: morte a Ferdinando Borbone! un sol voto prevalse in quel consiglio: il governo provvisorio. Il governo provvisorio fu annunziato immediatamente; fu scelto, fu proclamato ed eletto a presidente Ricciardi, che al popolo lo annunziò. Un grido di gioia, un plauso universale accolse la novella. Più tardi un proclama invitava i deputati colpiti dal fulmine del 15 maggio a recarsi a Cosenza pel 15 giugno onde decidere sulla forma di governo che doveva assumersi. Non che Ricciardi avesse simpatizzato per altro che per la repub-