Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/147

Da Wikisource.

La serata fu triste e silenziosa. Don Diego trangugiò prestamente la pietanza che, preparate pel desinare, servì di cena. Bambina succhiò qualche ciliegia. Il tempo della miseria rassegnata e lieta della provincia era passato. Essi subivano al presente la miseria preoccupata ed ambiziosa, avvelenata da tentazioni colpevoli e da brame disoneste. Non dissero una parola sul pensiero che li preoccupava, non fecero un’allusione alla lettera della sera precedente: il pensiero del fratello e della sorella nonpertanto non volgeva che su quella. Il filo che metteva in comunicazione questi due esseri era spezzato. E’ si ripiegavano in sè stessi, adesso: ciascuno aveva il suo mondo di visioni a contemplare.

Oppressa da quel silenzio. Bambina andò a coricarsi di buon’ora. Don Diego ronzò pel suo alloggio fino ad un’ora del mattino. Che pensava egli? Egli giudicava la società, in mezzo alla quale e’ viveva, come Regolo nella sua cassa guarnita di punte di ferro.

Alle sette del mattino, udì picchiare. Era una serva con una lettera del canonico Pappasugna, che lo pregava di passare da casa sua, prima delle undici, essendogli stato raccomandato dal padre Piombino.

Bambina non era ancora alzata. Don Diego si vestì ed uscì senza vederla. Bambina aspettò il barone di Sanza fino a mezzodì. Poi, ruppe in lagrime e, senza riflettere a ciò che facesse, un’ora dopo si trovò inginocchiata innanzi al confessionale del padre Piombini. La chiesa immensa del Gesù Nuovo era deserta.