Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/225

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«Imperciocchè se vedessi la Vergine che mi ammiccasse per invitarmi a salire al Cielo, io volgerei lo sguardo, per contemplare unicamente il sorriso della tua bocca. Sorridimi, Concettella!

«Ma se nel tuo sorriso si dovesse trovare un lampo di scherno o di compassione, torci il capo, Concettella, torci il capo, come io l’avrei fatto con la Madonna.

«E quando tuo padre sarà di ritorno dalla pesca, dimandagli se il mare è ben profondo dal lato di Miseno e mandavelo a pescare.

«Io sarò quivi, in mezzo ai fiotti schiumanti, come fra le lenzuola del nostro letto nuziale; io sarò quivi, disteso sur uno scoglio, come avrei dovuto esserlo fra le tue braccia.

«Perchè il mare, che ha più cuore di te, fanciulla senza pietà, se tu gli getti un innamorato, esso ti rigetta per lo meno un cadavere».

Quando Gabriele ebbe finita la sua canzone, da me pessimamente proseggiata dal dialetto napoletano, i suoi tratti, sotto l’imperio della commozione, erano splendidamente animati. Ma l’uditorio era anche più commosso di lui. Perocchè la sua melodia, sì tenera e sì triste, aveva un accento che andava all’anima come un dolore.

Il suo avversario Filippo Rotunno divenne estremamente pallido. Egli aveva letto nello sguardo di Concettella che la parola di Gabriele l’agitava ed il suo cuore era lacerato dalla gelosia. Egli aveva impallidito altresì perchè aveva sentito il fremito che la cantilena di Gabriele aveva fatto