Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/322

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si cade in una pozzanghera più vi si dimena più vi si sprofonda. Bambina si sentiva tocca dalla contaminazione, ed ella avea potuto percepirlo dal contegno altero e freddo del principe di Schwartzemberg, il quale, dopo aver preso con lei misure opportune per mettere in atto il desiderio del re, la lasciò alla porta della residenza di Capodimonte, salì in vettura solo e partì senza salutarla. Fin là, Bambina era stata vittima. Ella cominciava adesso a divenire agente. Ma una volta presa in quell’addentellato mortale, ella non poteva più spacciarsene senza lasciarvi dei lembi di sè stessa: corpo ed anima.

Il P. Piombini l’ascoltò senza interrompere; egli era come sotto il fascino terribile degli anestesiaci che calmano i dolori, addormentano ed uccidono. Quando Bambina ebbe finito di parlare e l’odorifera armonia della sua voce ebbe cessato di tintinnare al graticcio del confessionale, il P. Piombini sclamò lentamente:

— Ebbene, angelo mio, io ho tenuta la mia parola.

Bambina fu colpita da quella conclusione. Ella aveva obbliato, nel suo racconto appassionato, la contro-parte del suo obbligo. La parola del gesuita la risvegliava nell’inferno del reale. Ella si tacque un istante, poi rispose:

— Ed io terrò la mia. Ma, non prima che io mi vegga le promesse del re compiute. Accordatemi qualche giorno ancora di vita.

L’accento di Bambina, pronunziando quest’ultima frase, era così commosso, così vero, così pro-