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1.° Bisognava uccidere il re, ciò che avrebbe servito di segnale all’insurrezione generale delle Due Sicilie, delle Marche e della Romagna?
2.° Bisognava intraprendere una sommossa simultanea, nei capoluoghi di tutte le provincie, ovvero concentrare le forze rivoluzionarie a Napoli ed a Palermo e cominciare la rivoluzione dalle capitali?
La seconda proposizione, discussa la prima, fu decisa nel senso sciocco, ed assurdo di cominciare la rivoluzione nelle provincie.
Sulla proposizione del regicidio, le opinioni si divisero. Perocchè, mettendola, il commissario del comitato centrale si dichiarò contrario e quattro dei delegati l’oppugnarono risolutamente. Tre preti furono di avviso favorevole.
Don Diego prese a parlare per loro. Ragionò un quarto d’ora, senza enfasi, senza declamazione tribunizia, senza andare in busca di effetti oratori. Egli appoggiò i suoi ragionamenti sulle dottrine teologiche di Mariana, di Bellarmino, di Santarelli, di Vitelleschi, di Suarez, di Becan. Egli citò San Tommaso, S. Agostino, S. Ambrogio, Tertulliano, S. Giustino..... ricordò come parecchi Papi avessero ordinato o approvato il regicidio: Gregorio VII, Innocenzo IV, Gregorio IX, Alessandro VI, Paolo V, Urbano VI, Gregorio XIV..... e terminò la sua allocuzione con delle ragioni politiche che riepilogò in questa massima: il regicidio è un assassinio presso i popoli liberi, come l’Inghilterra, l’America, la Francia; una rappresaglia presso i popoli schiavi come l’Italia, la Russia, l’Austria, la Turchia: là, un delitto; qui un dovere!