Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/10

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La sua intelligenza era organizzata per esser chiara ed acuta; la mancanza di coltura ne aveva fatto uno scopeto, in cui nessuna punta di aratro aveva mai aperto un solco.

Ad ogni modo, mastro Zungo si poteva considerare come un buon diavolo, quantunque egli credesse che l’intelligenza sia un tristo dono del Creatore ed il verme roditore di questo secolo che esamina tutto, dalle encicliche del papa all’elasticità del piede della pulce.

Egli, per esempio, odiava i letterati, i giornali, il carbonarismo (a quell’epoca i democratici si chiamavano carbonari), i Francesi, l’eleganza, la bellezza, i fiori, la primavera, tutto quello che sa di aurora e di armonia. Amava, all’incontro, il cattivo tempo, i gendarmi, i doganieri, la bruttezza, la messa cantata, i cappuccini, la tragedia, la quaresima e la faccia tonda e rubiconda dell’arciprete, ch’egli sbarbava ad occhi chiusi. Aveva sopratutto una specie di frenesia pei sette sacramenti. Ora, siccome il sacramento del matrimonio ha qualche cosa di più sostanziale che quello dell’estrema unzione, aveva finito col maritarsi.

Zia Egidia era predestinata ab-eterno a compiere la sua felicità e cuocere i suoi legumi.

Egidia era la figlia del beccaio del luogo.... Essa sola pregava Iddio, in un giorno, più che tutti gli Americani insieme in un anno. Il nome di Dio le girava sempre in bocca, confuso con qualche truciolo di tabacco da masticare.

Era tozza, grassa, con un adorabile guaime di barba, un naso più lungo di quello di san Carlo Borromeo, gli occhi piccoli, sonnolenti, ci-