Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/122

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— Io sono Serafina Minutolo. E poi? cosa vuoi adesso?

— Se tu accogli così coloro che ti portano del lavoro, come mai ricevi tu il padron di casa quando viene a riscuotere il fitto?

— Te lo mostro io, come lo ricevo, sclamò Serafina alzando la sua scopa sopra don Gabriele, che il lettore avrà già riconosciuto.

Don Gabriele non attese questa dimostrazione pratica.

Dimenticando che era zoppo, fece un salto dalla camera al pianerottolo, gridando:

— Che il diavolo ti confonda! Se non si trattasse che di te, madrigna di Satana....

Non aggiunse di più, perchè la scopa gli rasentò la faccia come un cervo volante. Mentre si precipitava giù per le scale, rovesciò quasi una ragazza che saliva tutta trafelata.

Questa non si azzardò a guardare, tanto più che la scala era buia. Don Gabriele restò sul pianerottolo del quinto piano sbirciando in su. Scorse Serafina che lo seguiva, poi la vide trascinata dalla giovinetta e l’uscio della stanza si chiuse con fracasso.

Don Gabriele si preparava a rimontare per andare ad ascoltare all’uscio. Uno strepito di passi ed un suono di voci ne lo stornarono. Scese e si trovò nel cortiletto faccia a faccia con una vecchia che anch’essa, ansimante, principiava a salire.

La vecchia era corta e grossa. Aveva in testa un cappello giallo con fiori azzurri; portava un vestito color arancio ed uno sciallo verde, sprizzato di fiori rossi.