Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/143

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del mondo elegante, non ci poneva i piedi che una volta ogni quindici giorni.

L’appartamento affittato al conte Ruitz, in una al giardino, aveva due ale; la sinistra, destinata a Cecilia sua figlia; la destra, occupata da lui. In questa aveva stabilito il suo studio di scultura — il conte era artista — ed il suo gabinetto, perchè era anche poeta. Bruto, avendo chiesto del conte Ruitz, fu introdotto nello studio da un vecchio domestico.

Il giovane dottore era stato appena annunziato e s’era appena seduto, che una porta vetrata che dava sul giardino s’aprì ed una signora vestita di scuro, con un velo fitto abbassato sulla faccia, entrò.

A questa apparizione, il conte balzò in piedi, s’inchinò fino a terra, cavò il suo fez greco, andandole incontro senza dir motto. La signora non badò all’ossequiosità del conte, ma parve sorpresa della presenza di Bruto. Lo fissò un momento e seguì il conte che la precedeva. Il conte aprì un uscio e ne sollevò la portiera per lasciarla passare.

Ella si volse nel mezzo della stanza, onde guardare Bruto che si teneva in piedi dinanzi ad un busto; poi ancora una volta lo squadrò dall’alto al basso prima che la porta si chiudesse di nuovo e la portiera ricadesse sull’uscio. Il conte si faceva ora rosso, ora pallido. Un momento dopo chiamò con impazienza il vecchio servitore e gridò:

— Dalla signorina, stupida bestia, dalla signorina; indica al signor dottore l’appartamento di Cecilia.