Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/150

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— Voi dovete trovare, signorina, diss’egli dopo alcuni istanti di un imbarazzante silenzio, voi dovete trovare che la mia condotta verso il dottor Tibia è stata poco delicata e che la mia presenza qui è una intrusione.

— Infatti, è vero, rispose Cecilia, guardandolo per la prima volta in modo sdegnoso.

— Avete ragione, replicò Bruto. Ho esitato lungamente avanti di decidermi a venire. Non già pel dottore che è un malfattore patentato; non a causa dell’opinione sfavorevole che doveva naturalmente precedermi qui; ma per me stesso. Io non era contento di me.

— Perchè siete venuto allora? Perocchè io non vi dissimulo punto che è stato mio padre che vi ha fatto chiamare.

— Perchè sono venuto? Un altro vi direbbe forse: per un sentimento d’umanità. Io vi dico colla sincerità di cui mi date l’esempio: per un istinto equivoco, per curiosità, — curiosità di uomo, che è cattiva, curiosità scientifica, che è nobile.

— Ora che avete soddisfatta la curiosità cattiva, addio, signore.

E, dicendo così, la si volse verso il muro.

— Signorina, se avessi saputo che era il conte e non voi che mi chiamava, non sarei venuto. La medicina non è che un giuoco di magnetismo. Quando il medico è antipatico, le ricette più sapienti sono impotenti. Dopo il congedo sommario che mi fate l’onore di gettarmi in pieno viso, nessuna ragione mi giustificherebbe dinanzi agli occhi miei, se restassi un minuto di più.