Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/47

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— Gli è impossibile, disse Bruto sospirando ed alzandosi.

— Per Dio, giovinotto, mi suggerite un’idea, gridò don Gabriele, battendosi la fronte e portando i suoi sguardi sopra un gruppo di marionette appese al muro. — Come si chiama il vostro sergente?

— Sacco-e-Fuoco.

— Magnifico! divino! Scommetto che ha fatte le campagne di Russia col principe Eugenio o con Murat.

— È stato in Russia, si è trovato a Waterloo, è monco di una mano, ha perduta una gamba, ha il viso cincischiato... ma non so nulla nè del principe Eugenio, nè di Murat. Il sergente non parla mai nè di sè stesso, nè delle sue vicende.

— Bravo! bravo! oh! come sarà applaudito! che leccornia! che frenesia! che emozione!... Andare alla guerra pel suo paese, lasciare una moglie ed una figlia, ritornare e ritrovare la moglie morta di fame, la figlia sedotta; domandare al seduttore che la sposi. Ciò non è possibile. Egli è ricco e nobile, ella è bella e nulla più. E poi è una popolana. Provocare quel miserabile.... benissimo. La polizia mette in prigione il padre e dà alla figlia, una patente di.... di....

— Ma voi farneticate, signor mio, disse Bruto; non c’è nulla di tutto ciò, nulla, assolutamente nulla.

— Zitto! zitto! continuò don Gabriele. Voi non capite che con una commedia, come questa, farò otto rappresentazioni al giorno? Che donna