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Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/171

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La strada che segue, fino a Karghinsk, è quasi sempre nell’acqua. Per indicarla, mettono dei tronchi di abeti per traverso, li ricoprono di argilla, specie di lastrico poco solido e poco durevole. Il terreno oscilla sotto le ruote del veicolo, l’acqua si agita, il vapore si sprigiona da quelle alte erbe verdeggianti che tremolano; i rami d’abete, denudati dell’intonaco argilloso, rassomigliano a tibie umane in un carnaio. Una caligine grigia limita il paesaggio, e si dondola lentamente prendendo forme fantastiche. Delle mappe di acqua giallastra dietro a mappe di acqua verdastra; delle praterie torbose coperte di erbe mostruose, alte sei piedi: giunchi, ginestre, piante paludacee a foggia di canne, fiori selvaggi molto splendidi, gigli, achillee, iridi, ledracocefale... un orrore splendido, che all’alba ed al tramonto vi riempie di ammirazione e di terrore misterioso! La natura vi celebra le sue nozze della creazione per mezzo della distruzione!

A qualche versta di là, un dramma orrendo si compiè sotto i miei occhi, vicino a Karghinsk. Una taranta ci seguiva, tirata da cinque cavalli, che i tafani avevano imbizzarriti fino alla pazzia, e cui il postiglione apostrofava col suo linguaggio più energico, pregando nel tempo stesso Dio e il diavolo di aiutarlo a contenerli. Ad un tratto, udiamo un grido formidabile di disperazione. Ci fermiamo a guardare: la taranta, il postiglione, i viaggiatori, trascinati dai cavalli, avevano abbandonato il sentiero e vagavano di fianco a traverso il palude. Vedemmo da prima un solco moventesi in mezzo all’erba, seguito da un nugolo nero d’insetti, poi le erbe cessarono di ondulare, gl’insetti piombarono sur un