Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/19

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delle umiliazioni che soffriva, temendo una disgrazia, scorgendo degli agguati dovunque, stomacata, ella denunziò la persecuzione ed il persecutore a suo marito. Il brav’uomo arrossì, poi impallidì, e tacque. Cenammo. Mio padre lesse un capitolo della Bibbia, — siamo protestanti —, poi andammo a coricarci.

Mio padre non dormì. Egli giudicò il suo colonnello.

All’alba eravamo tutti in piedi. Mio padre s’apparecchiava ad andare al campo, io alla scuola. Appo i protestanti ungheresi l’istruzione dei ragazzi non è negletta.

— Cosa devo fare? domandò timidamente mia madre.

Ella non aveva d’uopo d’indicare più chiaramente la questione. Ella vedeva il pensiero del suo oltraggio cristallizzato negli occhi di mio padre.

— Digli di venire domani sera.... Io parto in viaggio nella prossima notte.

Un doloroso stupore si dipinse negli occhi della povera donna. Non comprese quell’ordine, o ebbe paura di comprenderlo. Nondimeno si guardò bene dal replicare. Da noi la donna è un oggetto amato, rispettato, ma inferiore all’uomo. È la gioja, ma non il consiglio della famiglia. È un’utilità. È l’amore, ma non il giudizio e l’autorità del cenacolo. Ella è la primogenita delle figlie. Mia madre non domandò dunque conto a suo marito dell’ordine strano ed offensivo, che le dava. Obbedì.

L’indomani nè io nè mio padre non uscimmo. Mia madre disse nel villaggio ch’eravamo partiti nella notte. Venne la sera.

Il colonnello non si fece attendere. Parmi ancora di vederlo! S’era fatto radere; si era lavato. Aveva