Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/202

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non si può penetrare neppur nelle foreste, senza sprofondare in un suolo mobile ed acquitrinoso, talvolta fino al petto. Non si mangia allora che le bacche raccolte: l’airella rossa, la camerina nera (empetrum nigrum), il lampone rosso, l’uva orsina ed il frutto della rosa canina. Nei due mesi di state, il sole occupa il cielo in permanenza, ed allora la prateria sboccia a vista, il grano nasce, matura, ed è raccolto; il ricolto dei fieni si opera a furia onde approvvigionare gli stabî del magro pasto dei bestiami e dei cavalli per otto mesi dell’anno.

Io m’ebbi queste ed altre cognizioni dai nostri compatriotti, confinati nelle selve paludose della Lena. Da tutto quanto appresi, da quanto vidi, mi formai il criterio dell’epoca che avevo a scegliere e della strada a battere nella mia fuga. Ottenni dal generale il permesso di cacciare, e mi servii dei suoi fucili. Io aveva comperato a Yrkutsk secretamente, prima di partire, due revolver ed una carabina a due canne: ciò che aveva aperta una bella breccia nel mio tesoro. Ma, siccome queste armi dovevano essere l’istrumento di mia salvezza, così io le tenni preziosamente celate, e le custodii con amore.

Feci, durante l’inverno, parecchie escursioni, accompagnato altresì due o tre volte dalla signorina Alice e da un manipolo di Cosacchi. Partivo in slitta a cavalli, e restavo fino a tre giorni assente. Volevo abituare il generale a non vedermi per parecchi giorni. Raddoppiavo poi di zelo per compensare il tempo perduto. Io passava le mie sere in casa sua, e vi portavo la gaiezza con la musica, le caricature, le sciarade in azione che improvvisavamo, le partite di scacchi o di picchetto. Il generale mi trat-