Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/240

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la richiamai alla vita. Dio l’aveva salvata. Cinque minuti ancora, e che sarebbe avvenuto di lei?

Ma la gioia di aver salva la giovinetta si offuscò all’istante, e le successe la disperazione: noi non avevamo più chi tirasse la nostra slitta!


X.


Nessuna lingua al mondo potrebbe dipingere l’annichilimento che piombò su di noi e ci accasciò. Assisi attorno al fuoco, noi ci guardavamo senza trovar parola, non curandoci nè di mangiare nè di bere. Si figuri un uomo nella mia posizione, che ha preso in custodia la vita di una fanciulla potentemente amata, a duemila e quattrocento chilometri lontano dal termine del suo viaggio, in pieno verno, in mezzo ad un deserto di ghiaccio, dovendo diffidare di tutto, privo ad un tratto dei suoi mezzi di trasporto, ridotto all’alternativa di morire presto o tardi sul sito, di miseria e di disperazione, o di morire per via, di fame e fatica! Non più salvezza, nè libertà, nè fuga in prospettiva, ma forse, o presto o tardi, la cattività di nuovo. Le prime ore furono una spaventevole agonia di silenzio e di visioni desolanti. Infine, Metek dimandò:

— Padrone, quale è il vostro avviso per cavarci di qui?

— Lo so io forse? risposi col singhiozzo nella voce, guardando Cesara, coricata sotto le pelliccie.