Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/333

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— Ehi! Spiridione, sai tu, mio bravo ragazzo, che io ho fame?

— Ed io dunque, capitano?

— Diavolo, amico mio, perchè non l’hai tu detto più presto?

— Non si confessa di aver fame, quando il padrone non ne ha punto.

— Ma, figliuolo mio, il padrone divorerebbe in questo momento il cuoio del tuo zaino, e più volentieri ancora una costa di montone.

— Scherzi a parte, se vi piace, capitano! Il mio zaino ha avuto l’onore di figurare sulle spalle di Talarico, ed io non lo darei per il pastorale del vescovo di Cosenza.

— Io non ne voglio davvero del tuo zaino, amico mio. Ma qualche cosa che rassomigliasse ad un pollo arrosto o ad una braciuola, eh! Se uccidessimo Demetrio, che da due giorni non schiude labbro? Che ne dici tu, Spiridione?

Demetrio mi guardò con due occhi che mi tolsero la voglia della celia per due giorni. E non rispose punto. Ma io lo vidi ritirare il fucile dal suo dorso, esaminarne lo scudellino — il suo fucile era ancora a pietra — poi accoccarlo. Io non garentisco che, nel mentre costui eseguiva lentamente queste operazioni, io fossi completamente tranquillo. Non dissi nulla pertanto e continuai a camminare. Ad un tratto, Demetrio si fermò, accostò il suo fucile alla guancia, mirò e tirò.

— E val meglio uccidere codesto, disse egli, che la gente battezzata, e mangiare di codesto che è più tenero.

Ed egli andò a raccogliere un colombo, cui aveva