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Il combattimento durò tre ore, — combattimento feroce, la baionetta contro il cannone! — Gli honved si slanciarono all’assalto sei volte. Fummo sempre respinti. La breccia restava inaccessibile: le scale, colle quali tentammo al scalata, si trovarono troppo corte. Il giorno cominciava a spuntare. Gli altri Corpi non erano stati più felici di noi alla porta di Vienna, al Varkapu (porta del castello), al giardino, alla macchina dell’acqua. Suonò la ritirata. Il cannone ricominciò l’opera della breccia.

Il 21 maggio, questa sembrò praticabile. All’alba l’attacco generale fu rinnovato, al grido formidabile di: Eljen a Magyar! La fanteria ungherese si slanciò di nuovo sulle mura. Noi corremmo alla breccia. Ci respinsero ancora. Gli altri Corpi ruppero la resistenza in tutti i punti. La pompa fu presa da Kmety, a cuiFonte/commento: Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/376 mancata due volte. Noi ritornammo all’assalto, e finalmente riescimmo ad impadronirci della breccia, ed a salire sugli spaldi dei bastioni. Io m’era arrampicato in cima ad una scala. I soldati italiani della guarnigione ci porgevano la mano per aiutarci a montare. Io era sul punto di saltare sulla spianata, quando un ufficiale austriaco uccise l’italiano di un colpo di spada, e con un secondo colpo, traversandomi la spalla sinistra, mi precipitò sul terrapieno in mezzo ai mucchi di cadaveri. Ma la fortezza era nostra.

Ripresi i sensi all’ospitale del Tabor.

Görgey non prese parte all’azione: egli restò a grande distanza, nel quartier generale, sopra la collina Kis-Svàbhegy.

Mi assopii, dopo che la mia ferita fu medicata. Due ore dopo, mi risvegliai all’improvviso. Amelia serrava