Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/169

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E’ non poteva credere agli occhi suoi vedendo in piedi innanzi a lui quella grande e pallida figura — tanto cangiata in sei mesi! Vestita tutta di nero, quasi portasse il lutto alla sua bellezza, alla sua giovinezza, alla sua felicità! E’ corse pertanto verso di lei, che era restata sulla soglia, e cadendo a ginocchio le baciò i lembi della veste, come ad una madonna.

— Conte — disse Maud alla fine — voi siete il cattivo genio della vostra casa. Dio vi perdoni! Perchè rivenite?

— Avreste voi desiderato, madama, che io fossi restato nel sepolcro?

— Conte, voi sapete che io, men ch’altri, non posso avere un tal desiderio. Voi siete stato il mio solo amico, in quella casa ove vostro fratello mi aveva introdotta ed ove e’ mi trattava come straniera.

— Ebbene, madama — riprese il conte — io sorgo dalla tomba per venire a proclamare innanzi a Dio, ed innanzi a mio fratello, che vi amo... E poi morire, se posso.

— Conte — rispose Maud, quasi affogata, tendendogli le mani per rilevarlo — se io avessi il diritto di dimandarvi una grazia, io vi direi: Lasciate Parigi oggi stesso, in questo punto, in questo istante stesso... Ogni minuto che passa può contenere una catastrofe... E se una confessione può accelerare codesta partenza, io non esito a farla, a voi, a voi il primo: Io amo mio marito!

Il conte Alessandro vacillò; poi soggiunse con calma:

— Io non invidio a mio fratello questa bontà di Dio. E’ non n’à altra!

— Oh! sì, egli è ben sventurato... sclamò Maud... E l’è colpa mia. Io non ò osato. Io non ò saputo vincere il terrore, la repugnanza, che la sua malattia mi cagiona. Io l’ò amato, pertanto, dal primo giorno. La nobiltà del suo carattere, la sua delicatezza, la sua modestia, mi toccarono... Poi, quella sera fatale arrivò. Io ne abbrividisco ancora... Era la notte, in una sala rischiarata unicamente dalla luna. Io sentii le sue braccia avvinghiarsi alla mia vita, stringermi, comprimermi, ribadirsi sulla mia carne e sulle mie ossa come due serpenti... La mia respirazione soffocavasi. I miei occhi schiattavano dalle mie orbite... La voce mi mancava per gridare... Le mie costole scricchiolavano... Un secondo ancora, e la mia spina dorsale