Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/18

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Il dottore infatti, scovriva costumi e maniere nuove, paesaggi potenti di splendore, di contrasti, d’inatteso: un lembo del mondo primitivo, perduto ai pie’ dell’Italia, in mezzo al XIX secolo.


Era un giorno di fiera.

Il dottore di Nubo, a cavallo, accompagnato da una guida, se ne andava a visitar le montagne. Traversava la piazza pubblica della cittaduzza.

Una banda di zingari ostruiva la via, circondata da una folla grande di curiosi cui aveva attirata.

La banda componevasi di una dozzina d’individui; più, quattro scimmie, due orsi, una ventina di asini, tre cani e lo zio Tob — il quale era il proprietario, il principe, il papa, il padre, il padrone, il tiranno di tutta quella roba.

Dond’e’ venivano?

Essi arrivavano: ecco tutto!

L’industria ch’esercitano gli zingari nella Bassa Italia è complessa. Essi sono ferrai, maniscalchi, giocolieri, calderai, incantatori, stregoni, indovini di buona ventura, trovatori di tesori, ladri di fanciulli, scassinatori di porte... cozzoni sopra tutto. Gli uomini comprano e vendono asini; le donne rubano animali domestici, dicono la buona sorte alle fanciulle — cui esse maritano sempre riccamente e subito — o fanno peggio ancora — senza neppure accorgersi che fanno male. Si conoscono le loro costumanze. È inutile ribiascicarne.

Essi danno del compare a chiunque. Ànno numerosi segreti di cozzoneria.

Il più vecchio, il più magro, il più consunto dei ciuchi — un censore teatrale della specie — diviene nelle loro mani brioso come una vedova che si rimarita, uno scolaro in vacanza.

Quando voi credete che lo zingaro apra la bocca di questa povera bestia per mostrarvene i denti — cui ha testè segati per dissimularne l’età — egli le cola destramente nella gola una pillola infernale di peperone che le brucia le viscere, la incita alle follìe e le dà gli ardori verdi ed irresistibili di un cappuccino. Quando voi credete ch’e’ ne carezza le groppe; egli le punge a dentro, mediante un