Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/267

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vorrete. Io non mi curo di fabbricare castelli in Ispagna. Li troverò un giorno forse belli ed impiedi. Sarà tempo allora di pensarvi. Ed io non esiterei lungamente a pigliare il mio partito — siatene sicuro. Io non comprendo il dovere senza il correttivo, o l’equilibrio, del diritto. Io non mi rassegno alla teoria del sagrifizio per la donna e la libertà per l’uomo. Ma, insomma, cosa ài tu, Adriano? Perchè sei tu venuto a vedermi qui, dopo tre anni di separazione? Perchè non sei tu venuto innanzi — quando ài barattato la guarnacca del seminarista con la livrea del mondo? Tu non ài dunque nulla a dirmi? Tu non eri, pertanto, mica troppo goffo da abate. Quei mustacchi ti danno l’aria di un caporale in gazzurra.

— Dio mio, che vuoi tu? Son venuto perchè ò sognato che tuo marito era infedele; che aveva una ganza adorabilmente bella, abbominevolmente perversa; che tu lo sapevi; che tu eri infelice; che tu avevi forse bisogno di consiglio, di protezione, di vendicatore... E che so io, Vitaliana? Tu non ài che una parola a dire... Veggo che è un sogno, ma desso mi perseguita... L’è forse l’abitudine... L’è quella inqualificabile educazione di seminarista, in cui non si presenta agli occhi di quei tapini che delle immagini di donne — S. Ginevrina, S. Filomena, S. Tecla, S. Pantofola, la Vergine Immacolata, la Vergine col Bambino, la Vergine col vecchio marito... e sempre delle donne e delle vergini! A sedici anni, si sogna, si sogna di tutta quella roba. La s’incarna meglio che le stupide immagini del libro di divozioni; vi si mette su la tale fanciulla, la giovane sorella, la giovane cugina che si è vista alle vacanze, che si è incontrata al passeggio... ed alla grazia di Dio! Oh, sì, Vitaliana, io ti ò ben messa in discordie con la Vergine Maria, vah! Io non l’ò adorata e pregata giammai che sotto le tue forme. Io non so se ella debba esserne lusingata o uggiata... Ed ecco perchè... Ma di che parlavamo noi dunque? Ch’era bello — n’è vero, Vitaliana? — quel tempo di nostra infanzia! Quanti progetti! quante tenerezze! quale avvenire di porpora e di oro ai lembi dell’orizzonte...! Così, dunque, tu sei proprio felice?

— Orsù, Adriano, non farmi mica dire ciò che io non ò detto! Io sono tranquilla. Io ò presa l’assisa del duca di Balbek, e la rispetto, e la fo rispettare. Il padrone non