Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/289

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I voti di Morella restavano senz’eco. Le si ingiungeva, al contrario, di raddoppiare le sue imposizioni, le sue esigenze, e sopratutto le sue carezze.

Lo scopo degli agenti del principe di Tebe era di ridurre il duca di Balbek al limite dell’indigenza, accollarlo al disonore. Allora il principe di Lavandall, munito di pieni poteri dal principe di Tebe ed autorizzato dal conte di Nesselrode, si presenterebbe a lui e negozierebbe la vendita delle carte tanto sospirate.


Questo piano infernale doveva avere uno scioglimento imprevisto.

Ma s’insistè; e si raddoppiò anzi di accanimento. Qualche giorno dopo l’ultimo viglietto di Morella, questa ricevè la lettera seguente del principe di Lavandall:


«Signora contessa,

«Son proprio desolato del malanno, cui ieri ò mancato poco di commettere, al Bois de Boulogne. Ve ne dimando mille scuse. Ò cacciato via il cocchiere. Ma, d’altra banda, è desso possibile che un astro come voi si nicchi in un veicolo il quale non si distingue da un fiacre endimanché che per la livrea ridicola di cui il cocchiere è azzimato? Per riparare a quella stupida malavvertenza non oso, madama, offrirvi una calèche a due cavalli inglesi ed un cocchiere a cipria, un hôtel ai Champs Elysées, 120,000 franchi l’anno per intrattenere tutto codesto. Vogliate degnare, madama la contessa, d’incoraggiarmi, e voi farete di me il più felice dei vostri sudditi.

«Principe Aless. di Lavandall


Questa lettera arrivava a proposito del calesse del principe, che aveva addentato un tantino il coupé di Morella al Bois de Boulogne — si dava a credere. La galanteria del Russo si spiegava naturalmente.

Morella fece trovare questa lettera sul poggio del caminetto. Il duca, che conosceva la scrittura e le armi del principe, di cui era geloso, afferrò la lettera in un lancio, mentre Morella si dibatteva per riprendergliela.