Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/348

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sastri, scelgo il minore. Qual re al mondo, d’altronde, può affermare: questo figliuolo è mio? Gli altri lo sospettano; Taddeo IX lo sapeva.

— Conchiudete, signore, se vi aggrada — disse il principe freddamente, ma umiliato del suo scacco fino al fondo dell’anima.

— Termino, principe. Ecco dunque l’ultima mia parola: silenzio per silenzio — se volete essere generoso. Se no, fate l’uso che vi piace dell’autografo del duca. Io fo scomparire le carte di Balbek.

— Signore, avreste voi per avventura un terreno meno assoluto sul quale potessimo impegnare un negoziato più logico?

— Signore, io non sono mica diplomatico, e perciò non negozio. Vi dovevo una risposta dalla parte di mia cugina, ed una spiegazione da parte mia. Ve le porto. Esse contrariano forse il diplomatico; ma io porto nella mia coscienza il convincimento che il padre, il marito, il gentiluomo, che sono in voi, non mi sconfesseranno. Me ne appello al vostro cuore ed al vostro onore, principe.

Il signor di Lavandall si alzò, senza rispondere, salutò e ricondusse il conte di Alleux fino alla porta del suo gabinetto.

La sera, Adriano andò a raccontare a sua cugina tutto ciò che si era passato fra lui ed il duca, e fra lui ed il principe.

Vitaliana approvò...

La duchessa si dileguò.

La donna si mostrò allora in tutta la sua potenza.

E la lotta cominciò.

Il fantasma di Morella andava a costare ad Adriano più di cure, che non gli era costato di tempo e di pena la conquista di lei.

— Vitaliana — disse infine Adriano partendo — che debbo io sperare?

— Mio povero amico — rispose la duchessa di un accento triste e scoraggiato — di’ piuttosto: che debbo io temere?

— Io metto tutto nella mia posta — riprese Adriano.

— Me lo immagino bene — replicò Vitaliana. Perocchè io vi metto tutto, e, più che tutto, me stessa ed il figlio mio!