Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/369

Da Wikisource.

In un baleno, Vitaliana si precipitò alla porta della sua camera e la chiuse.


Un quarto d’ora dopo, si sarebbe potuto veder nelle tenebre un fantasma alle pupille del tigre, avanzar dolcemente, ritenendo il fiato, ammortendo il fruscio del suo strisciare.

Quando il duca — era desso — fu alla porta della camera di sua moglie, e’ si raddrizzò e spinse il lucchetto esterno.

Con la stessa precauzione, passò nella stufa. Si avvicinò al balcone di quella camera fatale, cavò una piccola lanterna cieca — di cui proiettò il lume sul buchino che vi aveva praticato la mattina — e vi colò dentro una vite cui girò e serrò.

Quindi ritornò alla porta della camera.

Aveva alla mano una pistola, e nello sparato del suo panciotto un lungo stile.

La porta era stata chiusa a chiave precipitosamente da Vitaliana. Ond’è, ch’egli non poteva veder nulla a traverso il buco della toppa.

Ma udiva tutto.

Accollò quindi il suo orecchio a quel buco della serratura... E le sue unghie, come dei graffi di leone, lacerarono la carne del suo petto.

Dio mio! che cosa è la morte, all’indomani di quella notte in cui Romeo si attardò fino al canto dell’allodola dell’alba, nella stanza di Giulietta! La vita à dessa ancor dei misteri, dei raggi, dei poemi, dopo che la bocca di Giulietta à rivelato l’armonia della danza degli astri?

Il duca sapeva che quella camera nuziale dell’amore era una tomba... e nonpertanto egli invidiava le sue vittime!

E la sue unghie si conficcavano più dentro e più dentro nelle sue costole, e sembravano farsi strada verso il cuore, per impedirgli di sobbalzare.

Quanto tempo quel dannato rimase egli a quella porta del paradiso?

Egli uscì precipitosamente di nuovo, per la porta segreta donde era entrato alle undici, poscia, alle tre del mattino, rientrò per la grande porta esterna del palazzo.