Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/37

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E’ ritrovavasi precisamente nel parossismo di questa preoccupazione quando vide la gitanina, sulla piazza di Nicastro.

Il dottore insegnava che il pensiero nasce nella polpa grigia del cervello come il fiore dalla terra, e che l’impressione esterna teneva luogo di semenza. Ora, la vita della zingarella; le inquietudini sul suo avvenire; il suo stato di afflievolimento; il disgusto della sua vita equivoca... s’incrociarono nel suo spirito, si compenetrarono a vicenda, formarono una mischianza tenebrosa, informe, nella quale lungo lungo la via, e’ non vide, non comprese assolutamente nulla. Arrivò così alla vetta della montagna di Nicastro.

Che la dottrina del dottore fosse buona o cattiva — ed è pur la nostra — chi à mai scandagliato a che tiene lo zampillar del pensiero, ove allogasi la sede della vita? Ciò che certo è, gli è che l’abbarbagliante lamina di oro — cui, di lontano, il sole ripercosso dal mare fece scintillare ai suoi occhi — dissipò come per incanto il caos ammonticchiato nel suo spirito, ed un’idea lo colpì.

Di un lampo, egli percorse ed acciuffò il suo avvenire; formolò un progetto.

Diede l’ordine di tornare a Nicastro. Ma allo scander misurato del passo del suo cavallo, gli avvenimenti, o, per meglio dire, i disegni, si svilupparono nella sua mente.

— Io sono vecchio — pensava egli. Fra non guari non sarò più in istato di lottare, e meno ancora di spezzare la stolida corrente della società quale essa è. Sono solo. Quando non sarò più forte abbastanza per tenermi in piedi e fuori la portata della folla, io cadrò. Ed altri, che procedono di già sulle mie piste, passeranno sul mio corpo. La miseria, l’umiliazione, forse il castigo, si rovesceranno su me. Io ò bisogno di lusso. O’ abitudini di benessere che esigono una spesa enorme, e quindi dei guadagni eccessivi. Il delitto, l’imbecillità, le passioni, e gl’interessi degli altri àn provveduto fin qui alla mia esistenza. Li ò trafficati e taglieggiati, tenendomi in guardia ed imponendomi quando invitato non ero. Poichè dessi vivevano nel male e del male, che io mi fossi angelo o demone, avevano a subirmi...

Il conte si fermò un istante sul passato. Poi la sua meditazione si slanciò sulle onde dell’avvenire.