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— Se lo conosco! Egli era uffiziale nello squadrone volante che caracollava intorno a mia nipote. Eppoi?
— E’ m’à piantata lì... e si ammoglia!
— La fine prosaica di tutte le cattive commedie.
— Ritornando di casa vostra, ieri sera, trovai una lettera di lui, con la quale mi dà congedo, e mi annunzia che partiva per andare a sposare.
— In provincia?
— O all’inferno, che so io? E’ mi lascia ed ammogliasi: ecco tutto. Ed io, l’amo.
Il dottore non rispose. Era divenuto pensoso.
— A che pensate voi dunque? — dimandò Augusta.
— A nulla. Avreste voi qualche sospetto della donna con cui il vostro poeta maritasi? perocchè non suppongo che la conosciate.
— In guisa alcuna. E voi?
— Io credo... Vi sono delle coincidenze strane... Sovvienemi adesso di parecchie cose a cui io non poneva mente. Pertanto... fo dei confronti...
— Insomma, la conoscete voi, sì o no!
— O’ dei sospetti.
— Come ella chiamasi?
— Innanzi tutto, che pensate voi fare?
— Uno scandalo, un dramma, un’opera... un tafferuglio di tutt’i diavoli... e vendicarmi.
— Di chi?
— Di entrambi.
— Ciò è male.
— Male! che cosa?
— Lo scandalo.
— Ma io non posso far senza di lui. Non òvvi io detto che l’amavo, che n’ero pazza?
— Ragione di più per agire con prudenza. Volete voi riescire?
— Ad ogni costo.
— Mettete voi nel gioco perfino Alberto Dehal?
— E la Svezia.
— Perfino il principe di Lavandall?
— Dottore...
— Inteso.
— Il principe è la mia ultima posta!