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— Chi ài incontrato?
— Molta gente e niuno... Ah! il re.
— Decisamente, andrai tu al ballo delle Tuileries?
— Non ne so nulla, a fè. Credo però che non androvvi. Tu porti il broncio; e me ne vorrebbero forte, al Faubourg.
— Tieni tu tanto all’opinione del Faubourg?
— Mah! l’è il tribunale del mondo elegante di Europa.
— E che si dice, al proposito, di questo conte portoghese che à ucciso sua moglie, perchè innaspava delle relazioni col suo cocchiere?
— Ch’egli è stato uno sciocco...
— Come mo’?
— Di esservisi preso di maniera da compromettersi con la giustizia.
— Ah! il delitto, per un certo mondo, non è dunque che un affare di stile?
— Orbè! la legge stessa non ammette le circostanze attenuanti?
— Veggo bene, diletta mia, che tu ti risenti della ricrudescenza dell’amicizia per tuo zio.
— Via, Sergio, tu ài torto di non amare mio zio. Egli è migliore di ciò che tu penai.
— L’è possibile. Ma in compenso, tu l’ami per due... e mi rubi.
— Saresti tu geloso?
— M’ami tu dunque sempre, ma mie?
Regina si alzò, cacciò le sue dita tra i capelli di suo marito, scartò le ciocche dalla fronte e la baciò dicendo:
— Più che giammai.
Ella uscì.
Sergio la seguì degli occhi, aggrottando terribilmente le sopracciglia, e sclamò lentamente:
— Se avessi potuto dubitare ancora, questa parola sarebbe bastata per condannarla. Ella morrà.
Infatti, le donne infedeli raddoppiano gli attestati di amore e carezzano più teneramente coloro cui tradiscono. Ma Regina non mentiva. Ella amava suo marito.