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190 nella terra dei santi e dei poeti

Per mio conto, lo dico senza ostentazione, la scena parve divertentissima.

Ma la vecchia guida allora con molta prestezza e sangue freddo corse e raddrizzò il Pasini, fatto ludibrio indegno del vento, raccolse il cappello e avviò la sbandata spedizione finchè l'ebbe ridotta in una certa cavità alquanto difesa dai sassi e fra gli abeti. Quivi fu tenuto consiglio sul da farsi. La guida si disse pronta a condurci sino alla cima. Ma il Pasini rifiutò energicamente: voleva ritornare a casa in bicicletta lui, e non di volata. Per tal modo rinunciammo alla completa ascesa del Catria e fu invece stabilito di far colazione appena avessimo trovato un luogo più acconcio. Girammo a lungo per il selvaggio pianoro e ci adattammo come potemmo in mezzo ad un bosco, che luogo più riparato non v'era. Lì vennero sciolte le bisacce e si fece colazione senza che il vento portasse via pani e bottiglie. Pareva di essere sospesi nell'aria: nella navicella di un pallone. La guida, pur maciullando placidamente, si ostinava a farci vedere il Gran Sasso, e può darsi che fosse quella punta che sfumava azzurrina verso mezzodì; ma non ne posso far fede.

Erano le otto quando lasciammo il Catria