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leuma e lia | 55 |
— garantisco che ho ricevuto più confessioni io di un frate confessore; ma giuro....
— Ebbene, signore, io sono molto infelice; — suonò la voce di Lia; e stette lì, col capo chino e le braccia penzoloni, come meditando tutta l'estensione delle parole che avea proferite.
— Eh!... ma pare impossibile....!
Lia confermò con un lieve chinar del capo.
Astese, supponendo che quella infelicità provenisse da qualche imagine o fantasia dell'anima inesperta, domandò con evidente intenzione di iperbole faceta:
— Non le vuol bene? la maltratta? non adempie ai suoi doveri? giuoca? si ubriaca? vanno male gli affari? non va d'accordo con la suocera?... ha un'amante?
— Oh no, signore, questo poi no! — disse Lia non senza indignazione, là dove prima avea sempre risposto con un melanconico diniego.
— Allora favorisca spiegarsi, perchè questa volta non ci riesco ad indovinare....
— Venga con me, signore, — disse Lia, — e poi capirà tutto.
Lo prese per mano, lo condusse segretamente in casa al secondo piano, e aperse la porta di una stanza.