Pagina:Piccole storie e grandi ragioni della nostra guerra.djvu/29

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come non è indifferente per un contadino siciliano che in una strada maestra del Piemonte si possa svaligiare un viandante e sfuggire alla giustizia.

Gli è che la sicurezza di ciascuno di noi, la pace delle nostre case, delle nostre famiglie, son protette dalla legge di giustizia riconosciuta eguale per tutta l’Italia.

La legge dice che la vita dei cittadini è sacra, che non si può rubare nè ammazzare, e se alcuni (pochi, per fortuna!) vogliono rubare od ammazzare egualmente, c’è chi fa osservare la legge e punisce i trasgressori.

Così la sicurezza delle nazioni dipende dall’osservanza di quella legge di giustizia per la quale una nazione prepotente non potrà mai più assassinare una nazione piccola e debole; per la quale ogni nazione, piccola o grande che sia, — cioè ogni gruppo d’uomini che parli la stessa lingua ed abbia comune la storia, la tradizione, le costumanze, — ha diritto di vivere unita, libera, in pace.

Perchè i popoli possano vivere securi ed attendere alle opere di pace, e non caricarsi di spese gravose per la eterna gara degli armamenti, e di tasse per sopperire a queste spese, perchè, insomma, non vi sia più ragione di guerra, bisogna che sia riconosciuta tra i popoli, come tra gli individui, la legge di giustizia per cui non si può aggredire nè opprimere un debole.

Presso i selvaggi, dove non esiste legge nè disciplina, bisogna farsi giustizia a pugni e a coltellate. E le nazioni, anche le incivilite, debbono per ora farsi giustizia con le armi, perchè il diritto di ogni nazione alla vita ed alla libertà non è ancora riconosciuto da tutti, come lo è il diritto dell’individuo nella società civile.

Si creò bensì un tribunale delle nazioni, al quale esporre le ragioni d’ognuno, per decidere le que-