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la vecchia signora di marmo | 133 |
non aveva mai riposato un momento, non era uscita che quattro o cinque volte, per pochi minuti. Chi usciva spesso e ne stava fuori anche a lungo, era Franco.
Avvertito segretamente, era giunto a Castello appena in tempo di trovar viva la povera mamma, e tutti i tristi uffici che la morte impone eran toccati a lui, perchè lo zio Piero, malgrado i suoi molti anni, non aveva la menoma esperienza di queste cose e vi si trovava impacciatissimo.
Adesso, udite suonar le otto, si avvicinò a sua moglie, la pregò dolcemente di andar a riposare un poco, ma Luisa gli rispose subito in modo da levargli il coraggio d’insistere. Il funerale doveva seguire l’indomani mattina alle nove. Ell’aveva desiderato che si differisse il più possibile e voleva star con la mamma fino all’ultimo. Vi era nella sua sottile persona una indomita vigoria, eguale a ben altre prove. Per lei la mamma era tutta lì su quel lettuccio, tra i fiori. Non pensava che una parte di lei fosse altrove, non la cercava per la finestra di ponente nelle stelline che tremolavano sopra i monti di Carona. Pensava soltanto che la mamma cara, vissuta da tanti anni per lei sola, non d’altro sollecita in terra che della felicità sua, dormirebbe fra poche ore e per sempre sotto i grandi noci di Looch, nella solitudine ombrosa dove tace il piccolo cimitero di Castello, mentre ella si godrebbe la vita, il sole, l’amore. Aveva risposto a Franco quasi aspramente come se l’affetto del vivo offendesse in qual-