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176 parte ii - capitolo ii

«Ieri è partita la signora marchesa.»

Luisa, che s’era presa Maria sulle ginocchia, le piantò le labbra sul collo, appassionatamente.

«Forse» riprese il professore che mai non aveva saputo leggere nel cuore umano nè toccarne le corde a proposito «forse, il tempo... son tre anni soli... forse verrà il giorno che si piegherà.»

Luisa alzò il viso dal collo di Maria. «Forse lei, sì», diss’ella. Il professore non capì, cedette al mal genio che ci suggerisce la peggior parola nel peggior momento e, invece di smettere, si ostinò. «Forse, se potesse veder Maria!» Luisa si strinse al petto la bambina e lo guardò con una fierezza tale ch’egli si smarrì e disse: «scusi.» Maria, stretta così forte, alzò gli occhi al viso strano della mamma, diventò rossa rossa, strinse le labbra, pianse due grosse lagrime, scoppiò in singhiozzi.

«No no, cara» le mormorò Luisa teneramente» sta buona sta buona, tu non la vedrai mai, tu!»

Appena chetata la bambina, il professore, turbato dall’idea di aver fatto un passo falso, di aver offeso Luisa, un essere che gli pareva sovrumano, voleva spiegarsi, giustificarsi, ma Luisa non lo lasciò parlare. «Basta, scusi» diss’ella alzandosi. «Andiamo a veder il giuoco.»

In fatto non s’accostò ai giuocatori, mandò Maria sul sagrato con la sua piccola bambinaia Veronica e andò a portar un avanzo di dolce a un vecchione del villaggio, che aveva un vorace stomaco e una