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250 parte ii - capitolo v

«Proprio sempre.»

Maria tacque, pensierosa. Poi domandò:

«E cosa mi hai portato?»

Lo zio si levò di tasca un fantoccino di gomma. Se Maria avesse potuto sapere, intendere con quale animo, sotto qual colpo lo zio fosse andato a prender per lei quel fantoccino, avrebbe pianto di tenerezza.

«È brutto, questo regalo,» diss’ella, ricordando gli altri dello zio. «E se resti qui, non mi porti più niente?»

«Più niente.»

«Va via, zio» diss’ella.

Egli sorrise.

Adesso Maria volle sapere dallo zio se, quando era bambino lui, suo zio gli portasse regali. Ma questo zio dello zio, per quanto la cosa paresse impossibile a Maria, non era mai esistito. E allora chi gli portava regali? Ed era egli un buon bambino? Piangeva? Lo zio si mise a raccontarle cose della sua infanzia, cose di sessant’anni prima, quando la gente portava parrucca e codino. Si compiaceva di ricordare alla nipotina quel tempo lontano, di farla vivere per un momento insieme ai suoi vecchi, e parlava con gravità triste, come avendo presenti quei cari morti, come parlando più per essi che per lei. Ella gli fissava in viso gli occhi spalancati, non batteva palpebra. Nè lui nè lei s’accorgevano che intanto passava il tempo, nè lui nè lei pensavano più alla barca che doveva venire.