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414 parte ii - capitolo xi

Lugano dopo la mezzanotte. Discese in piazza, presso il caffè Terreni. Il caffè era chiuso, la piazza deserta, scura; tutto taceva, anche il lago di cui s’intravvedeva un palpitar lento nell’ombra. Franco si fermò un momento sulla riva con la speranza che qualcheduno fosse venuto ad aspettarlo e comparisse da qualche parte. Non poteva veder la Valsolda nascosta dietro il monte Brè; ma quella era l’acqua stessa che rispecchiava Oria, che dormiva nella darsena della sua casa. Gli si allargò un poco il cuore in un sentimento di pace, gli parve essere ritornato tra familiari suoi. Tacendo ogni voce umana gli parlavano le grandi montagne oscure, sopra tutte il monte Caprino e la Zocca d’i Ment che vedevano Oria. Gli parlavano dolcemente, gli suggerivano un presentimento buono. Diciannove ore eran passate dalla data del telegramma; il male poteva esser vinto.

Non comparendo nessuno, si avviò alla farmacia Fontana, suonò il campanello. Egli conosceva da molti anni quell’ottimo, cordiale galantuomo del signor Carlo Fontana, passato anche lui col mondo antico. Il signor Carlo venne alla finestra e si meravigliò molto di vedere don Franco. Non aveva alcuna notizia della Valsolda, era stato due giorni a Tesserete, n’era ritornato da poche ore, non sapeva niente. Il suo assistente, il signor Benedetto, era partito, anche lui da poche ore, per Bellinzona. Franco ringraziò e si avviò verso Villa Ciani, risoluto di andare subito ad Oria.