Pagina:Piccolo Mondo Antico (Fogazzaro).djvu/511

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solenne rullo 507

sola con i propri pensieri. Più si avvicinava all’Isola Bella più le cresceva dentro un’agitazione sorda, una incerta attesa di tante cose. Come avverrebbe l’incontro con Franco? Quale contegno terrebb’egli con lei? Le farebbe i discorsi che le aveva fatto lo zio? Le lettere erano molto pietose e tenere ma chi non sa che si scrive in un modo e si parla in un altro? Come, dove, passerebbero la sera? E poi l’altra cosa, la cosa terribile a pensare...? Tutte queste preoccupazioni salivano, salivano, tendevano a diventar dominanti, a porsi in antagonismo con l’immagine del Cimitero di Oria che ogni tratto ritornava impetuosa come a riprendere il suo. Alla stazione di Cannero Luisa si udì sul capo un grande strepito di passi, un grande chiasso di voci e di grida, salì a vedere dello zio. Erano militari richiamati alle bandiere, venuti al battello con due grandi barche. Altre barchette portavano donne, bambini, vecchi, che salutavano e piangevano. I soldati, la maggior parte bersaglieri, bei giovinotti allegri, rispondevano ai saluti, gridando: «viva l’Italia!» promettevano regali da Milano. Una vecchia, che aveva tre figli fra quei soldati, gridava loro, tutta scarmigliata ma non piangente, che si ricordassero del Signore e della Madonna. «Sì» brontolò un vecchio sergente che li accompagnava «ca s’ricordo del Signour, d’la Madonna, del Vesco e del prevost!» I soldati, molto pratici del «prevost», la prigione militare, risero della barzelletta e il battello partì. Grida, sventolar