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516 parte iii - capitolo ii

lasciò passare e poi domandò a sua moglie se si ricordava dei Rancò.

Due anni prima del loro matrimonio avevano fatto con altri amici una passeggiata a Drano e ai Rancò, alti pascoli di Valsolda, che si attraversano per salire al Passo Stretto. Avevano avuto una disputa vivace, un’ora di broncio e di tormento. «Sì» rispose Luisa. «Mi ricordo.» Sentirono ambedue nello stesso momento quanto l’ora presente fosse diversa da quella e quanto ciò fosse doloroso a dire. Non parlarono più fino all’angolo. Un suono di campane veniva dall’isola dei Pescatori. Franco lasciò il braccio di sua moglie, si appoggiò al parapetto. Il lago nebbioso taceva, nulla si vedeva oltre i lumi dell’altra isola. Il lago, la nebbia, quei lumi, quelle campane che parevano di una nave perduta in mare, il silenzio delle cose, le stesse rade minute goccioline di piova, tutto era così triste.

«E ti ricordi poi?» mormorò Franco senza voltar il viso. Anche Luisa s’era appoggiata al parapetto. Tacque un poco indi rispose sotto voce:

«Sì, caro.»

Ah vi era nel suo caro un lieve recondito principio di calore, di emozione affettuosa. Franco lo sentì, n’ebbe una scossa di gioia ma si contenne.

«Penso» riprese «alla lettera che t’ho scritto subito, appena ritornato a casa e alle tre parole che mi hai dette il giorno dopo, a Muzzaglio, quando gli altri ballavano sotto i castagni e tu mi