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68 | capitolo iii |
un angolo, appoggiato al muro, non osando scostarsene per l’oscurità.
La signora Teresa non l’aveva ancora salutato.
«Oh, signor Giacomo!» diss’ella con gran premura. «Scusi. La ringrazio tanto, sa. Venga qua. Ha sentito quel che si diceva? Dica anche Lei; cosa Le pare?
«La mia servitù» disse il signor Giacomo dal suo angolo. «Propramente no me movo, perchè, con la mia povera vista...»
«Luisa!» fece la signora Teresa. «Porta fuori un lume. Ma ha sentito, signor Giacomo; cosa Le pare? Dica.»
Il signor Giacomo mise nella sua sapienza tre o quattro piccoli soffi frettolosi che significavano: - ahi, questo è un'imbarazzo.
«No so» cominciò titubante, «no so, digo adesso, se trovandome a scuro...»
«Luisa!» chiamò da capo la signora Teresa.
«Eh nossignora, nossignora. M’intendo a scuro de tante cosse che no so. Vogio dir che nella mia ignoranza no me posso pronunciar. Però, digo, me par che forse se podaria... adesso, digo, mi son qua per el servizio Suo e della rispettabilissima famegia, sì ben che no me faria maravegia che l’Imperial Regio Commissario, ottima persona ma sustosèta... ben basta, no discoremo, mi son qua, però me pararia, digo, che se podesse tirar avanti un pocheto e intanto qua el nostro nobilissimo signor don Franco podaria forse cole bone, cole