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74 | capitolo iii |
faceva ogni sforzo di trattenere il pianto, sapendo bene che bisognava evitare alla mamma ogni emozione troppo forte; ma le spalle la tradivano.
«No, Luisa» disse la mamma «no, cara, no» e le accarezzava il capo. «Ti ringrazio che sei sempre stata una buona figliuola, sai; tanto buona; quietati, son così contenta; vedrai che starò meglio. Andate, dunque; datemi un bacio e poi andate, non fate aspettare il signor curato. Dio ti benedica, Luisa; e anche te, Franco.»
Chiese il suo libro di preghiere, si accostò il lume, fece aprire le finestre e l’uscio della terrazza per respirar meglio e mandò via la fantesca che si preparava a tenerle compagnia. Usciti gli sposi, entrò l’ingegnere per salutar sua sorella prima di andare in chiesa.
«Ciao, neh, Teresa.»
«Addio, Piero. Un altro peso sulle vostre spalle, povero Piero.»
«Amen» rispose pacificamente l’ingegnere.
Rimasta sola, la signora Rigey stette ascoltando il rumor dei passi che si allontanavano. Quelli gravi di suo fratello e del signor Giacomo, la coda della colonna, non le lasciavano udire gli altri ch’ell'avrebbe voluto accompagnar con l’orecchio quanto era possibile.
Un momento ancora e non intese più nulla. Ebbe l’idea che Luisa e Franco si allontanavano insieme nell’avvenire dove a lei non era dato seguirli che per pochi mesi o forse per pochi giorni; e che