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nel monastero. 81

furono compiuti più tardi: assassinio vile di un vecchio glorioso, delitto consumato nel silenzio, col favore della solitudine. Maironi, distratto, lo ascoltava male. Pensava all’altra solitudine lontana della Valsolda. Proprio il giorno prima gli avevano scritto di là che il mandarino del giardinetto pensile era uscito malconcio assai dall’invernata dura, che l’antica passiflora della terrazza era morta, che occorrevano riparazioni al tetto della sala e alle palizzate delle fondamenta nel lago, e che si sperava in una prossima visita del padrone. Mentre don Giuseppe gli parlava del doloroso abbandono in cui giaceva Praglia, egli aveva in mente la casetta deserta dov’erano morti suo padre e sua madre e dov’egli non faceva che due apparizioni l’anno: il giorno dei morti e nel maggio per provvedere il giardinetto di fiori. Il prete sentì di non essere ascoltato e tacque. Poi, come cercando i pensieri dell’ospite in argomenti più vicini a lui, gli parlò di una visita che la marchesa Nene gli aveva fatto l’anno prima.

“Desiderava una messa per la Sua signora, qui nella mia cappella dove la Sua signora è stata da bambina e si è tanto divertita a tirare i mantici dell’organo. Mi chiese pure certi aranci dell’aranciera, molto acerbi, per verità, ma che insomma la Sua signora aveva gustati quella volta e che aveva

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