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168 capitolo terzo.

Soltanto allora, risalendo lentamente l’erta, dietro le orecchiute maestà del cocchiere e dello staffiere, Jeanne e Piero guardarono la scena del loro idillio, le bianche villette più e più smorte per i colli oscurati, il tremolar nuovo di stelline nascenti dal profondo del cielo. Passavano ondate d’aria tiepida, odori d’acacie in fiore, ondate d’aria fresca, odori di bosco umido.

“Il suo paese è bello, però„, disse Jeanne.

“Non è il mio„.

“Come, non è il suo?„

Maironi rise per il tono delle parole di Jeanne che pareva offesa, pareva non credergli.

“Sempre orgogliosa!„ diss’egli. “Non vuol mai avere sbagliato!„ Ella sorrise pure, gli alitò sul viso un “cattivo!„ Poi gli domandò ad alta voce dove mai fosse il suo paese e soggiunse piano: “lo so, non ci avevo pensato„. Piero le parlò della casetta dov’era nato, del romito lago, delle grandi, austere montagne di Valsolda. Il landau toccava allora il sommo dell’erta, i cavalli presero il trotto.

“Se fossimo là in barca, noi due soli!„ disse Piero. “Ci saremo mai? Soli, in una piccola barchetta, nell’ombra di un golfo, sull’acqua che palpita?„ Passò un braccio dietro le spalle di Jeanne sentì la bella persona rilevarsi un poco e poi pre-