Pagina:Piccolo Mondo Moderno (Fogazzaro).djvu/239

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il caffè del commendatore. 217

“Sì sì, eh sì„, fece don Giuseppe che non aveva inteso niente, cercando d’indovinare o almeno di aiutare con una spinta spirituale.

“Ecco, questo!„ ricominciò la vecchia signora; e si pose a dire e non dire, nel suo inimitabile stile, le fini trame ordite da lei intorno al genero, finora invano, per tirarne quindi a sè tutte le fila e staccarlo dalla Dessalle. Piero si era sempre occupato pochissimo delle proprie faccende, affidate prima al marchese Scremin, cattivo amministratore anche lui, e poi ad agenti. Il grosso patrimonio gli rendeva assai meno del ragionevole. Prima della malattia di sua moglie la suocera gli era sempre ai fianchi col pungolo delle campagne da visitare, degli agenti da sorvegliare, dei registri da esaminare. Poi lo aveva lasciato in pace. Appena informata del pericolo di villa Diedo, si era accinta a un occulto molteplice lavoro. La sostanza stabile di suo genero, tutta nella provincia di Brescia, era amministrata da un vecchio ragioniere che veniva di tempo in tempo a conferire con Maironi come prima aveva conferito col suo tutore Zaneto. Persona proba e devota al nome Maironi, costui non aveva taciuto a Piero in passato la propria opinione che il miglior partito di provvedere ai suoi interessi fosse anzi tutto quello di prendere dimora nella stessa loro sede principale: discorso ingrato,