Pagina:Piccolo Mondo Moderno (Fogazzaro).djvu/251

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il caffè del commendatore. 229

rola; e appunto la sola musica potrebbe dire il loro silenzio pieno di senso, le comunicazioni non inconscie delle loro anime, comunicazioni di pietà vicendevole, pensando la marchesa come il vecchio prete, con soave poesia di speranze, avesse preparato ai suoi cari, discesi poi nel sepolcro, tanta bellezza di cose; pensando don Giuseppe quanta bontà fosse nella donna addolorata e stanca che per essergli cortese mostrava interesse al suo giardino; blanditi l’una e l’altro, in pari tempo, nel cuore, da un’ultima dolcezza terrena, da un gentile compiacimento della bellezza, non ancora fatto straniero alle loro anime afflitte. Perchè la marchesa nel suo complicato cervello ci aveva pure una cellula per il senso della bellezza dei fiori, degli alberi e dei giardini; alla quale cellula mettevano capo molti finissimi nervi del pensiero, un solo grosso paralitico nervo della parola.

“Ecco le oche„, diss’ella con la sua serenità blanda nell’appressarsi al microbo giallognolo e inquieto che si pigliava con beata vanagloria il nome di lago. “Ecco le oche. Le xe arene„. Don Giuseppe le spiegò pazientemente che le oche non erano anitre, che i suoi palmipedi erano un duplice popolo.

In quel momento un languido raggio di sole avvivò la scena pastorale, le acque inquiete, il